Rotta Balcanica: una rotta altrettanto insicura come quella mediterranea!

07.12.2020

Tra settembre 2015 e marzo 2016, i migranti, si è aperto un "corridoio umanitario" attraverso le quattro ex repubbliche jugoslave per facilitarsi l'ingresso nell'Europa occidentale. Purtroppo legislazione comunitaria non offre la possibilità di istituire corridoi umanitari nella rotta dei Balcani occidentali che collega la Grecia con l'Austria attraverso Macedonia, Serbia, Croazia, Slovenia e, fino al 2015, Ungheria; quindi i migranti si affidano solo alle loro forze, alle ONG, alla società civile e spesso alla fortuna. Chi sceglie questa rotta spesso lo fa perché non ha i soldi per pagare i trafficanti per la rotta via mare, o perché reputa quella terreste più sicura. Sicura, sicura, mica tanto... perché richiede il superamento di più frontiere con il rischio di essere individuati e trattenuti, con inaccettabile violenza, dalle pattuglie di confine.

Soprattutto la polizia croata e quella slovena fanno dei respingimenti di inaudita violenza. Violenza documentata dai medici volontari nel campo bosniaco di Bihac. Violenza atroce che comprende: sprangate, bastonate e scarponate su schiena e gambe, marchi con una spanga incandescente, stupri e sevizie con rami della boscaglia, morsi di cani che spezzano le caviglie, le torture vanno dal cuoio capelluto fino alla pianta del piede. Inoltre, quando scappano di corsa in montagna e in mezzo ai fiumi si feriscono le gambe e i piedi perché non hanno un equipaggiamento adeguato; senza contare i casi di ipotermia e di congelamento che potrebbero portare all'amputazione degli arti.

Tutte queste abominevoli crudeltà avvengono alla luce del sole per scoraggiare altri nell'impresa a dir poco quasi impossibile; ma quasi tutti, con grande coraggio, ci ritentano più volte fino a quando ce la fanno. Velika Kladuša76, che si trova in Bosnia e Erzegovina, è il valico della paura confinante con la Croazia. Da qui in poi si dovrebbero rispettare i diritti umani ma non è così. Solo la Serbia, per loro, è un "isola felice"; il ricordo del conflitto degli anni novanta è ancora vivissimo.

Dal fronte ci arrivano testimonianze agghiaccianti: «Siamo stati consegnati dalla polizia slovena alla polizia croata. Siamo stati picchiati, bastonati, ci hanno tolto le scarpe, preso i soldi e i telefoni. Poi ci hanno spinto fino al confine con la Bosnia, a piedi scalzi. Tanti piangevano per il dolore e per essere stati respinti.». I più fortunati arrivano su territorio italiano e a centinaia vengono rispediti indietro. nostri militari non compiono violenze ma li respingono verso la ex Jugoslavia. Sembra che la lunga filiera del respingimento come i metodi della vecchia guerra siano ancora in auge.

Gianfranco Schiavone, vicepresidente dell'Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione, ha riferito: «Solo nei primi otto mesi del 2020 sono state riammesse alla frontiera italo-slovena oltre 900 persone, con una eccezionale impennata nel trimestre estivo, periodo nel quale il fenomeno era già noto al mondo politico che è però rimasto del tutto inerte.»; precisando «Tra le cittadinanze degli stranieri riammessi in Slovenia il primo posto va agli afghani (811 persone), seguiti da pachistani, iracheni, iraniani, siriani e altre nazionalità, la maggior parte delle quali relative a Paesi da cui provengono persone con diritto alla protezione.».

Per il Danish Refugee Council nel 2019 sono tornate nel solo campo di bosniaco di Bihac 14.444 persone, 1.646 solo nel giugno di quest'anno.

Mentre dati riservati del Viminale riportano che del secondo semestre del 2019 le riammissioni attive verso Zagabria sono state 107: 39 da Gorizia e 78 da Trieste. Il resto, circa 800 casi, si concentra tutto nel 2020.

Il "Border violence monitoring", una dozzina di organizzazioni che lavorano nei Balcani, ha documentato con criteri legali (testimonianze, foto, referti medici) 904 casi di violazione dei diritti umani. I migranti gettano, lungo i percorsi abituali, i tesserini identificativi rilasciati con i timbri dell'Alto Commissariato Onu per i rifugiati o dall'Agenzia Onu per le migrazioni; per terrore di essere respinti in Slovenia visto che possedere quel documento è chiaro segno di essere passati per la Bosnia (paese non Ue). Se vengono respinti, respinti... devono reiniziare il "game" di nuovo da capo come il gioco dell'oca.

Un "gioco" che si può vincere solo con una domanda d'asilo in uno Stato dell'Ue. Non si deve fare distinzione tra rifugiati e migranti economici perché sono tutte persone che hanno bisogno d'assistenza; per arrivare nei Paesi di destinazione dove hanno già contatti o dove si vogliono stabilire. Allora perché non creare dei veri e propri corridoi umanitari controllati sicuri per noi e soprattutto per loro?

Fonti:

https://elordenmundial.com/la-ruta-de-los-balcanes-cambios-en-la-politica-fronteriza-europea/

https://www.avvenire.it/attualita/pagine/lorrore-alle-porte-delleuropa  

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