Miele: nettare di pace per lo Yemen!

19.12.2020

La Repubblica dello Yemen, che dal 2015 ha un governo provvisorio in quanto è piombata in una guerra civile causata dalla primavera araba non riuscita, ha due Presidenti: Abdulrabuh Mansur al Hadi Presidente della Repubblica (Aden), Mahdi al-Mashat Presidente del Comitato Rivoluzionario (Sana'a, capitale dello Stato, occupata de jure); ma il Presidente della Repubblica, de jure, è Abd al-Rahman Rabbuh al-Mansur al-Hadi che dopo le proteste del 2011 e il colpo di Stato è tornato nella sua città natale (Aden) dichiarando che il governo insediatosi nella capitale è incostituzionale. La Repubblica ha venti governatorati

I sei anni di guerra hanno distrutto una delle penisole più povere dell'Asia spaccandola in tre parti. Attualmente vige l'embargo totale, l'80% della popolazione sopravvivere solo agli aiuti umani e c'è una situazione di povertà estrema generalizzata.

Gli Huthi, gruppo armato prevalentemente sciita zaydita ma conta anche sunniti, con il sostegno dell'Iran hanno conquistato il nord montagnoso. Invece, il sud è tagliato in due: una parte è dei secessionisti appoggiati dagli Emirati Arabi Uniti, di contro l'altra parte appartiene ai seguaci del presidente Abdulrabuh Mansur al Hadi ospitato dall'Arabia Saudita.

Sostanzialmente, lo Yemen è montagne, deserto e mare. Ha un'economia molto arcaica, fatta di agricoltura alquanto faticosa perché solo l'1% del territorio è irrigato; pastorizia soprattutto di ovini; pesca al sud del Paese; qualche industria manifatturiera e grandi giacimenti di gas naturali. Neppure la recente scoperta del petrolio ha portato benefici all'economia. Prima della primavera araba, riusciva a sopravvivere grazie ai depositi di idrocarburi che oggi operano a metà della produttività; anche la cultura e il turismo si prendevano una bella fetta dell'economia, però il vero motore economico è "l'oro liquido": il miele.

Per fortuna, gli apicoltori sono estranei alla divisione dei territori. Guidati dalle stagioni e dalle altitudini e adattandosi alle situazioni militari, riescono a portare i loro alveari nelle zone più ambite di: Sana'a, Saada, Hadramouth o Shabwa. Praticamente godono dell'immunità, così sono in grado di superare i checkpoint e le frontiere militarizzate. Gli apicoltori divertiti riferiscono che alcuni miliziani e soldati hanno paura delle api. Nemmeno durante i bombardamenti incrociati tra sauditi ed emiratini i loro furgoni sono stati "neutralizzati" volontariamente. Le tribù si sostentano con la produzione del miele, gli apicoltori possono arrivare a possedere decine di migliaia di alveari; con la vendita ricavano l'equivalente di centinaia di migliaia di euro. Il miele in Yemen si raccoglie preferibilmente in ottobre. Nei negozi si vende in caraffe o bottiglie di plastica in una miriade di consistenze, sapori e tonalità che vanno dal marrone scuro al giallo dorato.

Solo i venditori del qāt (Catha edulis), una droga da masticare con proprietà stimolanti simili a quelle dell'anfetamina, godono della stessa mobilità degli apicoltori; ma a differenza di questi, i primi devono pagare tangenti ai checkpoint. Masticare il qāt per lunghe ore, in Yemen, è considerato come "sport nazionale. Il qāt e l'oro dorato percorrono gli stessi sentieri, ma raramente raggiungono anche gli stessi palati. Il miele costa quanto uno stipendio medio mensile yemenita; gli esportatori sono costretti a venderlo all'ingrosso in Arabia Saudita dove viene pagato fino al triplo del prezzo.

Prima della primavera araba e della guerra civile, gli yemeniti, esportavano decine di migliaia di tonnellate di miele. Con la diminuzione dell'apicoltura, tale esportazione attualmente è molto ridotta. La produzione di miele rimane l'attività migliore per sopravvivere nello Yemen. Il PIL è all'87° posto tra quelli mondiali, mentre è al 147º posto per PIL pro capite. La corruzione dilagante non incoraggia e limita gli investimenti locali ed internazionali.

Per concludere, un Paese di 30 milioni di abitanti sta vivendo la peggiore crisi umanitaria del mondo. Dopo anni di guerra, gli sfollati e la malnutrizione infantile hanno numeri davvero importanti, l'epidemie di colera sono frequenti perché la maggior parte della popolazione non ha acqua potabile e solo la metà degli ospedali lavora a pieno regime; l'avvento della pandemia SarsCov_2 non ha fatto altro che peggiorare le cose perché non si riescono a rispettare i precetti igienico-sanitari. Con la comunità internazionale indifferente, le poche organizzazioni umanitarie, ammesse sul territorio nazionale fanno l'impossibile per portare sollievo alla popolazione civile. Ci si deve augurare che lo Yemen si riappacifichi e si riunifichi per lo meno in nord e sud come fino al 1990; sperando che pian piano, col tempo, i diritti umani richiesti dalla primavera araba si acquisiranno; in questo il mondo deve avere un ruolo fondamentale. I diritti umani non devono guardare all'interesse economico di una determinata area geografica. Un Paese con un'economia piuttosto arcaica per la morfologia territoriale, deve poter di nuovo contare sul turismo. Lo Yemen ha un molte risorse a partire dall'ambiente unico dell'isola di Socotra e altre duecento isole, ivi compresa la precedente, nel bellissimo Oceano Indiano; possiede montagne elevate, altopiani e un deserto vastissimo, tutto questo accompagnato da radici storico-culturali molto profonde. Lo Yemen deve tornare al suo antico splendore!