La tassa del 15% sugli utili delle multinazionali potrebbe creare benefici a tutti, ma attenzione ai Paesi in via di sviluppo

09.06.2022

Per il World Investment Report 2022 dell'UNCTAD, in base alla proposta di stabilire una tassa minima del 15% sui profitti all'estero delle grandi multinazionali, i Paesi in via di sviluppo potrebbero perdere entrate fiscali a causa dei limiti legali ed in quanto sono privi della capacità tecnica di affrontare le complessità delle variazioni fiscali, ed infine poiché gli impegni assunti nei trattati di investimento potrebbero rendere difficile l'adozione di misure di politica fiscale efficaci; per tali questioni la comunità internazionale ha l'obbligo di aiutare gli LDC. Le riforme fiscali aumenteranno le entrate dal punto di vista dell'attrazione degli investimenti, però per le nazioni emergenti potrebbero rappresentare sia opportunità che sfide.

Il suddetto Rapporto costituisce un pilastro per i politici per comprendere come applicare le nuove e complesse regole di bilancio e per adeguare le proprie strategie di investimenti. Si legge che le riforme, previste per il 2023 e il 2024, dovrebbero puntare a dissuadere le imprese dal trasferire i propri utili verso Stati a minore tassazione. Ne deriverebbe che gli effetti maggiormente rilevanti sarebbero i seguenti: un aumento delle tasse delle grosse aziende nella maggior parte delle nazioni; tasse più elevate sugli utili ottenuti in altri Paesi; una probabile riduzione di recenti investimenti; minimi benefici derivanti dalle basse aliquote ed incentivi fiscali per attrarre investimenti; una prioritaria necessità che le agenzie di promozione degli investimenti e le zone economiche speciali modifichino le strategie di attrazione degli investimenti.

Questo farebbe prevedere gli aumenti degli utili aumenteranno ed il calo degli investimenti. Siccome le aliquote salirebbero, le filiali estere di queste società che attualmente pagano meno sugli utili dichiarati nei paesi ospitanti sarebbero soggette a un supplemento, per cui tenderebbero a "volatilizzarsi" e non investire più. In più vedrebbero il loro profit shifting ridotto e pagherebbero le tariffe dello Stato ospitante in base a un importo maggiore di profitti.

Per questo si stima prudentemente che l'aumento delle aliquote a carico delle aziende sia del 2%. Questa percentuale Questa cifra corrisponderebbe a un aumento della riscossione delle tasse prelevate all'estero di circa il 15%, più vicino al 20% nel caso delle grandi imprese direttamente interessate dalle riforme. Il Rapporto prospetta che gli Stati con qualsiasi tipo di economia: forte o debole, beneficerebbero sostanzialmente dell'aumento delle entrate; non solo, le istituzioni finanziarie con vantaggi fiscali perderebbero una parte sostanziale delle entrate raccolte da affiliate straniere. Nel caso degli LDC più piccolina, che tendono ad avere aliquote più basse, l'applicazione della tassa complementare potrebbe comportare un'ampia differenza nella riscossione delle entrate. Sempre parlando di introiti derivanti dall'aumento delle tasse, l'altra faccia della medaglia sarebbe la possibile diminuzione del volume degli investimenti dovuta all'aumento della tassa sulle attività di investimento diretto estero e si stima che gli investimenti transfrontalieri in attività produttive potrebbero diminuire del 2%.

Infine, il Rapporto rileva che nel 2021 gli investimenti diretti esteri globali siano tornati ai livelli pre-pandemia e siano ammontati a 1,6 trilioni di dollari, ma l'incertezza incombe sul 2022.

Per altri approfondimenti:

https://unctad.org/system/files/official-document/wir2022_en.pdf 

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