#ParcoPortoConte #LePrigionette: un progetto da ripetere, ma in chiave moderna

21.09.2021

La storia degli insediamenti umani nella Baia di Porto Conte è molto antica come testimoniato dai siti nuragici di Palmavera e Sant'imbenia; i primi risalgono all'epoca dei romani, che li utilizzavano per la coltivazione. Durante il periodo giudicale l'aria di Porto Conte viene progressivamente abbandonata a vantaggio del nascente borgo di Alghero con una forte impronta catalana. Nel 1861 il Comune cede all'amministrazione carceraria i terreni contigui allo Stagno del Calich, per una nuova colonia penale che agli inizi del novecento diventa l'azienda Maria Pia in onore della Regina Maria Pia di Savoia; la quale la inaugurò negli anni '30. La situazione di degrado in cui versava Porto Conte venne interrotta da un programma nazionale di potenziamento dell'agricoltura mediante bonifiche sulle aree spopolate malariche nel 1900.

Il Parco di Porto Conte nasce come colonia penale agricola che ospitò detenuti fino al 1961. La particolarità di questo carcere è quella di essere stato creato e inizialmente gestito come una vera propria colonia di fondazione, attorno alla quale sarebbe dovuto  sorgere un più integrato complesso abitativo progettato dall'ingegnere Miraglia su iniziativa del Ministero di Grazia e Giustizia che si inseriva nella campagna di bonifiche avviate negli anni 30 dal governo Mussolini.

Il Progetto complessivo della colonia penale prevedeva un nucleo principale, costituito da un edificio centrale per le principali funzioni carcerarie; comprendeva anche un ospedale, diversi fabbricati residenziali e di servizio ovvero stalle e magazzini per il deposito di mezzi collegati da un insieme di diramazioni di piccoli edifici carcerari dislocati lungo il promontorio di Capo Caccia.

La colonia penale di Tramariglio comprendeva quattro diramazioni:

  • diramazione uno, in cui i detenuti che si occupavano della coltivazione dei vigneti dei frutteti e dei lavori domestici in generale, vi lavoravano in 20 sotto la sorveglianza di cinque agenti;
  • diramazione due, in cui lavoravano i pastori, dietro all'ovile si trovava una casetta in cui dormivano cinque detenuti e una guardia;
  • diramazione tre, dove lavoravano i pastori; la struttura comprendeva due cameroni senza luce e senza acqua corrente;
  • diramazione quattro, dove si portavano le capre al pascolo e dove si coltivavano vigneti.

L'insieme delle diramazioni si estendeva fino a Porto Ferro, una decina di chilometri in linea d'aria da Tramariglio.

Lasciando dietro il corpo centrale ci si incamminava lungo la strada che ogni giorno i detenuti percorrevano per recarsi al lavoro. Il progetto complessivo della colonia penale prevedeva un nucleo principale costituito da un edificio centrale per le principali funzioni carcerarie, un ospedale, diversi fabbricati residenziali e di servizio, ovvero stalle, manufatti per il deposito di mezzi collegati ad un insieme di diramazioni di piccoli edifici carcerari dislocati lungo il promontorio di Capo Caccia. Gli alloggi degli agenti si presentavano come case a schiera composte da sei elementi, collocate tra l'ospedale e la sede centrale, di fronte a quest'ultima erano presenti lo spaccio per gli agenti, la scuola e il forno. La struttura che oggi accoglie il ristorante era la sala congressi in cui gli agenti discutevano delle problematiche giornaliere o semplicemente passavano momenti di svago dopo il lavoro. Vicino c'era una serie di fabbricati di servizio: l'ospedale, le officine e rimesse per le macchine agricole, la lavanderia l'autorimessa un magazzino per i cereali ed infine una stalla per i cavalli. La scuola elementare, frequentata principalmente dai figli delle guardie, ospita oggi l'emporio del parco in cui è possibile acquistare i prodotti con il marchio di qualità del Parco di Porto Conte.

Proseguendo il percorso si trovavano le prime abitazioni che ospitavano le guardie e le loro famiglie, ed alcuni locali di lavoro, le stalle e l'ospedale. Alla fine del rettilineo che attraversa il borgo si giunge ad un cancello, varcandolo si entra all'interno della riserva faunistica de "Le Prigionette" che prende il nome della diramazione carceraria presente al suo interno; si tratta di un luogo di rilevante interesse dal punto di vista della biodiversità particolarmente interessante per le piante ed animali, tra cui: il cavallino della giara, l'asinello albino, il daino e il grifone.

Al tempo della piena attività della colonia penale ci saremmo ritrovati nel bel mezzo dei campi dove si coltivavano i cereali e avremmo potuto scorgere i detenuti intenti nel duro lavoro, le guardie a cavallo che li controllavano, i carri che portavano l'acqua e i raccolti, proseguendo il percorso  si arriva a Cala Barca.

La maggior parte dei carcerati lavoravano nella zona tra Monte Timidone e le falesie di Punta Cristallo detta Tanca di Calalunga. I detenuti lavoravano durante il giorno per rientrare la sera nel villaggio carcerario, l'aria di lavoro aveva un'ampiezza di circa 120 ettari ed era seminata prevalentemente a grano mentre sui pendii del Monte veniva coltivata la vite. Attualmente l'area è un'oasi faunistica "Le Prigionette" ed è diventata un'estesa pineta che ha preso il posto delle vecchie coltivazioni; mentre il compound carcerario è stato convertito in un centro museale.

Oltre alle attività agricole e pastorali, i detenuti, ne praticavano altre artigianali. Nei laboratori, situati in prossimità delle officine, uno o più "capi d'arte" coordinavano il lavoro dei falegnami, carpentieri, fabbri, calzolai, sarti e cestai; alcuni erano specializzati e avevano mansioni specifiche come quella di addetto alle linee elettriche o telegrafiche. I reclusi lavoravano a cottimo dietro compenso per ogni differente tipologia di manufatto. Chi aveva particolare dote per la scrittura e l'ordine veniva incaricato di coadiuvare i funzionari negli uffici, ed era chiamato "scrivano"o "scrivanello", termini negativi.

Il nucleo principale della colonia ha una forma ad "U" aperta verso il mare e con un giardino. Costituito da tre corpi a due piani, uniti da due elementi curvi, ad un unico piano. Al primo piano dei corpi laterali, conosciuti come "prima divisione" e "seconda divisione" erano ospitati i reclusi. Ognuna era ripartita in quattro ambienti ognuno dei quali poteva alloggiare dai 25 ai 30 condannati. Sotto la "prima divisione" erano sistemate le celle di punizione e di transito, oltre a magazzini e all'ufficio dei conti correnti dei fondi dei detenuti. Al piano terra della "seconda divisione" erano collocati la cucina e la mensa per gli agenti, il magazzino del vestiario, la piccola biblioteca, l'archivio e una piccola scuola per i detenuti. Il corpo centrale ospitava l'ufficio del comandante, l'armeria e le poste. A destra si trovavano la portineria, l'infermeria, una caserma per gli ufficiali. Al primo piano c'erano gli uffici del direttore, dell'agronomo, del ragioniere e di vari funzionari, oltre all'ufficio matricola e all'ufficio paghe. All'esterno della struttura era situata la chiesa con annessa canonica, inizialmente prevista come "cappella" all'interno della centrale.

Le celle che si estendono nel primo e nel secondo corridoio erano destinati ad ospitare i detenuti in transito, cioè appena arrivati e non ancora ammessi al regime di vita comunitaria; ma spesso erano destinate anche a rinchiudere i detenuti che avevano commesso infrazioni al regolamento.

Le stesse mura di questo carcere vennero realizzate dai condannati provenienti da vari istituti di pena dell'isola nel 1940.

Dopo tante ore passate a lavorare bisognava mettere qualcosa sotto i denti; però la quantità di cibo somministrata era poco adatta per dare energia, mangiavano quasi sempre minestrone e pane di scarsa qualità; la carne era solo per chi poteva permettersela, qualche detenuto poteva fare acquisti dal sopravvitto una specie di negozio dentro il carcere col permesso del direttore.

Non mancavano i momenti di svago sia quelli previsti dal regolamento penitenziario, sia i giochi proibiti; tra i primi c'era la possibilità di leggere i libri della biblioteca, ascoltare la radio o fare qualche partita di calcio, tra i secondi che vivacizzavano le serate c'erano le carte e la dama, ma erano severamente puniti. A volte nelle domeniche d'estate i detenuti rigorosamente sorvegliati potevano fare un bagno al mare.

Come in tutte le colonie penali a partire dagli anni 50 del novecento, i detenuti meritevoli potevano assistere a proiezioni cinematografiche; i titoli venivano scelti per tempo dal cappellano che preferiva film dal rigoroso contenuto morale edificante, ma anche cartoni animati o trame di cappa e spada. Erano pressoché film da cassetta di facile reperibilità, più economici dei film, che erano previamente visionati dal personale civile e militare. Le proiezioni avvenivano in una sala con poche sedie un telo ed un rumoroso apparecchio.

Inoltre c'era la sala di scritturazione dove in determinati giorni della settimana i reclusi potevano scrivere ai loro familiari; però non tutte le lettere potevano partire, il cappellano aveva l'obbligo di leggere e controllare la corrispondenza in uscita e in entrata, nel caso riscontrasse informazioni sospette o riferimenti poco consoni alla morale apponeva la censura; in tal modo desideri, speranze, dialoghi ed informazioni né arrivavano né partivano, isolando ancora di più il condannato.

Le punizioni non erano solo per i detenuti ma anche per gli agenti che disobbedivano al rigido regolamento penitenziario. Quando era in funzione la colonia si applicava il regolamento del 1931, che prevedeva vari gradi di punizione dal semplice ammonimento, alla cella di rigore per un mese a pane, acqua e pan caccio (un rozzo letto in tavole di legno); per i casi di detenuti più indisciplinati avveniva il trasferimento immediato in un carcere chiuso.

Per concludere, ho voluto raccontare la gita che ho fatto perché mi ha affascinato il progetto con cui è nato questo complesso. L'articolo 27 della Costituzione dichiara che le pene devono avere un fine rieducativo, il miglior modo per rieducare un condannato è il lavoro e lo studio. Stando molte ore in cella a non fare niente, di sicuro non si rieduca; anzi se non si ha la mente impegnata in altro, l'aggressività e le problematiche psichiatriche aumentano. In più, mi ha affascinato il fatto che fosse un'economia circolare completamente indipendente; praticamente è stato un progetto molto all'avanguardia. In Italia ci dovrebbero essere più progetti di questo tipo: colonie penali con pochi reclusi che lavorino per un'economia assestante; i luoghi isolati non mancano...

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