#Tonga: portare aiuti ma non COVID19

22.01.2022

Il 17 gennaio l'eruzione del vulcano sottomarino Hunga ha scatenato una forza pari a 500 volte le bombe atomiche sganciate a Hiroshima durante la seconda guerra mondiale che ha provocato uno tsunami che ha colpito l'80% della popolazione del Regno di Tonga (piccola monarchia parlamentare composta da più di 172 isole nell'Oceano Pacifico meridionale).

Lo tsunami ha inghiottito alcune isole con le loro case. Non c'è ancora certezza sul numero delle vittime; per chi è sopravvissuto ora c'è il tangibile rischio di epidemie in quanto ogni fonte di acqua potabile è stata contaminata da cenere ed acqua salata. Le stime riportano che circa 50.000 persone potrebbero necessitare acqua pulita.

Fin da subito Stati vicini e lontani si sono attivati per portare aiuti; però la sfida è non "trasportare" anche il COVID19, perché nell'arcipelago praticamente non ci sono stati contagi. Per questo il governo e le Nazioni Unite stanno studiando una modalità di "consegna senza contatto" perché si vuole preservare la politica del "non nuocere". Tali consegne possono consistere in aerei o navi scaricati da operatori locali, se sbarcherà personale straniero dovrà fare una quarantina di 21 giorni. Le due questioni più critiche sono l'approvvigionamento di acqua potabile e il ripristino delle comunicazioni. La mancanza di internet e reti telefoniche significa che non c'è ancora una valutazione completa del danno e degli aiuti che saranno necessari nei prossimi giorni. L'ONU si è detto disponibile anche a fornire supporto psicologico alla popolazione che ha perso tutto. Si stima che circa 12.000 famiglie che vivono di attività agropastorali abbiano perso tutti i raccolti e che gran parte del bestiame sia morto.