Teocrazia americana e democrazia: un conflitto moderno

05.09.2025

Negli ultimi decenni, negli Stati Uniti – storicamente ritenuti baluardo della democrazia liberale – si è assistito a una crescente sovrapposizione tra sfera religiosa e sfera politica, al punto da far emergere il concetto di "teocrazia americana". Una definizione provocatoria, certo, ma non del tutto priva di fondamento, specie se si analizzano le modalità con cui alcune frange del cristianesimo evangelico hanno progressivamente conquistato spazio nelle istituzioni.

Negli Stati Uniti, la separazione tra Stato e Chiesa è formalmente sancita dal Primo Emendamento della Costituzione. Tuttavia, nella prassi, assistiamo a una penetrazione sempre più marcata della dottrina religiosa nelle scelte legislative, giudiziarie e amministrative. Ne sono un esempio emblematico le sentenze della Corte Suprema che, negli ultimi anni, hanno rivisto profondamente diritti civili precedentemente consolidati, come l'aborto (con la sentenza Dobbs v. Jackson Women's Health Organization, 2022), e che sembrano rispondere più a logiche morali e confessionali che a principi costituzionali condivisi.

Questo fenomeno non si esaurisce nel contesto statunitense. In molte democrazie occidentali – dall'Ungheria alla Polonia, fino ad alcuni movimenti culturali e politici in Italia – si assiste a un ritorno della religione nella sfera pubblica, talvolta in modo strumentale. Le "radici cristiane dell'Europa" sono diventate una parola d'ordine identitaria, utilizzata per legittimare leggi che, anziché tutelare i diritti delle minoranze, finiscono per comprimere libertà civili, autodeterminazione e pluralismo.

La domanda che si impone è dunque profondamente giuridica: è ancora possibile conciliare democrazia costituzionale e ingerenza religiosa? O, per dirla con le parole del costituzionalista Bruce Ackerman, ci troviamo di fronte a un "constitutional moment" che impone una nuova riflessione sull'equilibrio tra fede e diritto?

📌 Nota comparativa – Primo Emendamento USA e Art. 19 Cost. italiana

🇺🇸 Primo Emendamento:
“Congress shall make no law respecting an establishment of religion, or prohibiting the free exercise thereof…”
(Il Congresso non promulgherà alcuna legge per il riconoscimento di una religione, né per proibirne il libero esercizio.)

🇮🇹 Articolo 19 Costituzione Italiana:
“Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.”

⚖️ Confronto giuridico:
• Il Primo Emendamento sancisce una netta separazione tra Stato e religione (no “establishment”), mentre l’art. 19 tutela la libertà religiosa senza menzionare esplicitamente la laicità dello Stato.
• In Italia, la laicità è stata riconosciuta dalla Corte costituzionale come principio supremo dell’ordinamento (sent. n. 203/1989).
• Negli USA, la Corte Suprema ha sviluppato il principio del “muro di separazione” tra Chiesa e Stato, anche se con recenti oscillazioni.

🔎 Riflessione:
Mentre la Costituzione americana vieta ogni ingerenza religiosa nella sfera pubblica, quella italiana affida alla giurisprudenza il compito di bilanciare libertà religiosa e neutralità dello Stato. Due modelli diversi, ma entrambi oggi esposti a nuove tensioni tra fede e democrazia.

Nel nostro ordinamento, la Costituzione italiana garantisce la libertà religiosa (art. 19), ma fonda la Repubblica sulla laicità dello Stato, implicita nei principi di uguaglianza (art. 3) e pluralismo (art. 21 e 33). L'ingerenza di dogmi religiosi nelle scelte politiche non solo mina questo equilibrio, ma mette a rischio la stessa neutralità delle istituzioni.

Infine, vi è un profilo educativo e culturale che non può essere trascurato: quando il diritto si piega a logiche confessionali, si apre la strada a una "democrazia morale" anziché "giuridica", dove la legittimità delle leggi non si misura più rispetto alla Costituzione, ma rispetto a valori religiosi maggioritari. Questo è un terreno pericoloso, soprattutto per chi – come le donne, le persone LGBTQ+, le minoranze religiose – ha conquistato diritti fondamentali grazie a decenni di lotte civili.

Difendere la laicità non significa negare la spiritualità. Significa garantire che nessuna fede possa imporsi come legge per tutti. In un tempo in cui i confini tra religione e politica si fanno sempre più sfumati, riaffermare la centralità del diritto costituzionale è un atto di giustizia e responsabilità civile.

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