Tassare i super profitti delle compagnie petrolifere a favore dei più vulnerabili

04.08.2022

Da quando è iniziata la guerra in Ucraina il prezzo del greggio è "lievitato" con enormi profitti per le compagnie petrolifere a scapito dei soggetti e comunità più deboli, oltretutto mettendo da parte tutti i progressi seppur minimi per limitare il cambiamento climatico che sta provocando effetti evidenti in tutto il mondo. Attualmente il globo sta attraversando una crisi alimentare, energetica e finanziaria in cui fino a 345 milioni di persone in 82 nazioni soffriranno di acuta insicurezza alimentare entro la fine del 2022; uno degli effetti della conflagrazione sarà che 47 milioni di persone in più soffriranno la fame.

A proposito dei super profitti il terzo rapporto del gruppo di risposta alle crisi delle Nazioni Unite sull'impatto globale della guerra in Ucraina fa presente che le maggiori compagnie energetiche, solo nel primo trimestre del 2022, hanno realizzato utili per 100 miliardi di dollari; per questo motivo in questi tempi difficili l'ONU invita i governi a tassare queste rendite a vantaggio delle fasce più vulnerabili della popolazione.

Infatti le Nazioni Unite considerano il fatto di arricchirsi fino al inverosimile una questione solo di avidità delle suddette multinazionali che colpisce gli individui più poveri e fragili e che ormai sta distruggendo la Terra, unica casa comune dell'umanità. Ragion per cui si dovrebbero ereggere movimenti popolari per mandare chiari e forti messaggi contro i combustibili fossili e chi li finanzia per far ridurre la domanda di idrocarburi ed indurre i Grandi della Terra ad investire in energie rinnovabili.

Niente sarebbe più popolare di tassare gli introiti eccessivi delle imprese petrolifere e del gas per poi ridistribuire quei soldi tra le famiglie povere; casomai il problema sarebbe delle lobby molto potenti che mettono in discussione le buone pratiche politiche per fini puramente di lucro, questa cosa è immorale. La verità è che in in periodo dove tutti si stanno impoverendo a causa di un quadro internazionale alquanto critico su diversi fronti, le entrate di questo tipo di aziende sono cresciute abnormemente. Se si riuscisse ad imporre una tassazione sui super profitti con la sua ridistribuzione i poveri e le piccole imprese riuscirebbero, almeno in parte, ad ammortizzare l'aumento dei costi dovuto all'inflazione elevata.

Tassare i super profitti sarebbe la soluzione cardine, ma sarebbe opportuno che tutti gli Stati, in particolar modo quelli sviluppati, gestissero la domanda di energia. Per esempio sarebbe utile migliorare gli stoccaggi energetici e il trasporto pubblico, accelerare la transizione green con sistemi attuabili in breve tempo, in attesa di realizzare quelli a lungo termine e sburocratizzare per favorire la loro messa in opera, tagliare i sussidi per le vecchie forme di energia. In tanti Paesi c'è un'incredibile carenza di carburante e allo stesso tempo sono devastati da turbolenze economiche; investire sulle energie rinnovabili sarà il futuro dell'economia; tra le altre cose investire su questo tipo di energie in molti casi è molto più conveniente rispetto ai combustibili fossili, per questo è fondamentale stimolare gli investimenti in tal senso ed aumentare i finanziamenti privati e multilaterali su larga scala.

Inoltre si deve percorrere questa via anche perché se si vuole raggiungere l'obiettivo di zero emissioni nette di carbonio i fondi per le rinnovabili devono essere moltiplicati di sette volte rispetto agli attuali, ergo le Banche Multilaterali di Sviluppo dovranno assumersi maggiori rischi per sostenere le nazioni a sviluppare quadri normativi appropriati e a modernizzare le loro reti elettriche.

In conclusione, tutti gli Stati del mondo possono avere un ruolo nella crisi energetica e devono porre attenzione verso le azioni che compiono gli altri, perché le iniziative di un Paese possono avere conseguenze dall'altra parte del globo. Ormai non c'è posto per l'ipocrisia. I Paesi in via di sviluppo non hanno più nessun motivo per non investire nelle rinnovabili, in quanto molti di loro soffrono già i gravi impatti della crisi climatica; ostinarsi a volersi sviluppare alla vecchia maniera peggiorerà soltanto la situazione, si dovrebbe puntare su opzioni concrete e praticabili. Per convincere gli Stati in questione a lasciare i combustibili fossili, quelli maggiormente sviluppati devono offrire sufficiente sostegno sociale, tecnologico, tecnico e finanziario. Questo non sarà possibile se quelli industrializzati (presi dal panico) stanno riaprendo centrali a carbone; giustificare tali misure, anche se temporanee, è piuttosto difficile. Questo avviene per un tempo limitato e per alleviare le imprese e la cittadinanza in difficoltà, ma non per questo bisogna tralasciare la transizione ecologica che potrebbe prevenire tra i quattro ed i sette milioni di decessi all'anno a causa dell'inquinamento atmosferico in tutto il mondo.

Fonte:

https://news.un.org/pages/wp-content/uploads/2022/08/GCRG_3rd-Brief_Aug3_2022_FINAL.pdf?utm_source=UNITED+NATIONS&utm_medium=BRIEF&utm_campaign=GCRG