Syrian Civil Defence, la protezione civile volontaria siriana

22.12.2020

Quando ho iniziato a scrivere articoli era il lontano 2012, dalla redazione mi avevano chiesto di scrivere un articolo su Bashar Al-Assad e la guerra in Siria. Dall'ora mi sento legata al quel paese perché mi ero impegnata a scrivere quel articolo perché era uno dei primissimi, inoltre le primavere arabe mi hanno interessato da sempre.

Oggi vi voglio parlare della Syrian Civil Defence, un'organizzazione umanitaria dedicata ad aiutare le comunità in emergenza, in caso di calamità o nella ricostruzione. La sua attività è iniziata alla fine del 2012 come squadre di volontari di base in tutto il paese che nascono per ripristinare servizi essenziali nei quartieri devastati dai bombardamenti; i suoi servizi vanno dall'antincendio all'assistenza sanitaria, al recupero di animali domestici, dalla rimozione di armi inesplose alla sensibilizzazione alla sicurezza della comunità, inoltre si occupano di manutenzione della rete elettrica e fognaria e riabilitazione dei quartieri. Praticamente è una sorta di protezione civile tutto fare. Ad oggi conta 2900 volontari maschi e femmine che lavorano in tutte le aree del Paese in cui è possibile accedere. I volontari rappresentano tutti i ceti sociali: panettieri, sarti, farmacisti, vigili del fuoco, ingegneri. Prestano assistenza a tutte le persone coinvolte nel conflitto senza fare distinzioni; osservando i principi di "Umanità, Solidarietà, Imparzialità" come delineato dall'Organizzazione internazionale della protezione civile.

Il motto dell'organizzazione deriva da un versetto del Corano, "perché chi salva una vita, sarà come se avesse salvato l'intera umanità". Durante gli attacchi aerei hanno salvato 115.000 vite da sotto le macerie.

A volte, i volontari hanno subito attacchi sistematici da parte del regime siriano e della Russia, 264 volontari sono stati uccisi in servizio, più della metà di questi in attacchi deliberatamente mirati.

Alla fine del 2012, l'avvento degli attacchi aerei è stato associato stati associati al ritiro dei servizi forniti dallo Stato come i vigili del fuoco, la copertura delle ambulanze di emergenza e la manutenzione delle condutture idriche ed elettriche. Interi edifici civili sono stati distrutti senza che nessuno venisse in soccorso dei residenti. I White Helmets si sono formati come risposta a questa esigenza.

Dozzine di iniziative di volontariato nei quartieri di tutto il paese con centinaia di singoli volontari hanno iniziato a riunirsi, facendo il possibile per aiutare le loro comunità in risposta agli attentati e ad altre emergenze; così è nata un'organizzazione unificata.

Otto anni dopo, a guerra finita, ora è tempo della ricostruzione totalmente da zero; questo può accadere solo in un paese libero e democratico in cui i diritti di tutti siano rispettati.

I caschi bianchi vogliono espandere le squadre su tutto il territorio nazionale per ricostruire interi quartieri; nella riqualificazione cittadina coinvolgono la società civile e anche i più piccini perché sognano una Siria ricostruita dai siriani.

Inoltre, ancora oggi su tutto il suolo sia urbano che rurale ci sono centinaia di migliaia di armi inesplose; questo mette a rischio la vita dei bambini che spesso le ritrovano quando giocano. Per questo motivo hanno già un piccolo numero di squadre specializzate che hanno rimosso più di 20.000 armi inesplose. Vogliono espandere questa attività fino a quando non avranno un paese sicuro in cui nessun genitore deve preoccuparsi che i propri figli giochino nella loro strada o in campagna.

Fin da subito sono stati i primi a rispondere ad alcune delle peggiori violazioni del diritto internazionale umanitario della nostra epoca. I volontari hanno fronteggiato incessantemente attacchi con armi chimiche, attacchi ai convogli di aiuti e a ripetuti attacchi agli ospedali.

Credono che la Siria avrà una pace sostenibile solo quando gli autori di tutti gli attacchi ai civili saranno assicurati alla giustizia. C'è bisogno di un processo di giustizia e responsabilità di transizione; continueranno a fornire prove e testimonianze sui crimini di guerra. Solo allora ci sarà la speranza di vivere in pace in cui i diritti di tutti siano rispettati.

Ricostruire una Siria pacifica ed unita non vuol dire solo rimettere in piedi le infrastrutture, ma significa ripartire da ogni individuo, ogni famiglia, ogni comunità.

Attualmente, questi coraggiosi e instancabili volontari sono impegnati a contrastare un nemico invisibile "SarsCov_2", portando mascherine e gel disinfettante nei campi profughi siriani; spiegando le regole igienico-sanitarie ai bambini, anche se in quei luoghi è molto difficile rispettarle visto le condizioni di sovraffollamento e i normali servizi igienici sono un lusso.