Alla scoperta di S’Ena Arrubia con il FAI Nuoro

In occasione della Giornata mondiale delle zone umide, la delegazione FAI di Nuoro ha visitato quella di S'Ena Arrubia. Tra paesaggi, memoria storica e riflessioni civili.
Nel pomeriggio di ieri, il FAI – Fondo per l'Ambiente Italiano, delegazione di Nuoro, ha organizzato una visita breve alla zona umida di S'Ena Arrubia, uno dei luoghi naturalistici più suggestivi e delicati della Sardegna. L'iniziativa, pensata come primo momento esplorativo e divulgativo, ha raccolto l'interesse di diversi partecipanti e si è svolta con spirito conviviale e attento, grazie anche alla guida esperta che ha illustrato le peculiarità ambientali dell'area.
Socia FAI da tempo, ho aderito con entusiasmo a questo appuntamento, nella consapevolezza che ogni occasione di incontro con il territorio rappresenta anche un passo verso una cittadinanza più consapevole, più responsabile, più radicata.
La promessa condivisa, da parte dei promotori, è stata quella di ritornare nei prossimi mesi con una visita completa, che possa includere tutte le aree di interesse e consentire una lettura approfondita dei fenomeni ambientali, storici e culturali legati a questa straordinaria laguna.

Perché le zone umide vanno protette
Le zone umide rappresentano alcuni tra gli ecosistemi più preziosi e al tempo stesso più vulnerabili del nostro pianeta. Paludi, lagune, stagni, foci fluviali e bacini salmastri svolgono un ruolo essenziale sotto molteplici profili: ambientale, climatico, idrogeologico, faunistico ed economico.
Dal punto di vista ambientale, le zone umide sono serbatoi straordinari di biodiversità: ospitano migliaia di specie vegetali e animali, molte delle quali rare o minacciate. Sono habitat cruciali per gli uccelli migratori, che vi trovano rifugio, nutrimento e possibilità di nidificazione.
Sotto il profilo climatico, contribuiscono alla regolazione delle temperature e all'assorbimento del carbonio, fungendo da veri e propri polmoni verdi. Inoltre, agiscono come spugne naturali, assorbendo le acque piovane e contrastando fenomeni estremi come alluvioni e siccità.
Le zone umide rivestono anche un'importante funzione idrogeologica, poiché filtrano naturalmente l'acqua, migliorandone la qualità e ricaricando le falde sotterranee.
Infine, custodiscono valori culturali e storici spesso legati a tradizioni locali, attività artigianali e pratiche di pesca sostenibile. Non mancano, inoltre, potenzialità di educazione ambientale e turismo dolce, in grado di generare economia nel rispetto degli equilibri naturali.
Tuttavia, proprio a causa della loro posizione intermedia tra terra e acqua, questi ecosistemi sono particolarmente esposti all'alterazione antropica, all'inquinamento e al cambiamento climatico. Per questo la loro salvaguardia è oggi una priorità globale, sancita anche dalla Convenzione di Ramsar del 1971, che invita tutti gli Stati a tutelare, monitorare e valorizzare le proprie zone umide.

S'Ena Arrubia: una storia di trasformazioni e resistenza
La zona umida di S'Ena Arrubia – che in sardo significa "la vena rossa", probabilmente per via dei riflessi rossastri delle acque al tramonto – è situata nel territorio di Arborea, lungo la costa centro-occidentale della Sardegna. Oggi è riconosciuta come un'area di interesse internazionale, inserita nella lista delle zone Ramsar già nel 1977, ed è considerata la più importante laguna della Sardegna.
Ma la sua storia è segnata da interventi radicali. Originariamente parte del vasto sistema di stagni e paludi che ricoprivano la pianura oristanese, S'Ena Arrubia è stata oggetto di grandi opere di bonifica tra gli anni '20 e '30 del Novecento, durante la creazione della città di fondazione di Mussolinia (oggi Arborea). In quel periodo, la palude fu parzialmente prosciugata e trasformata in bacino di raccolta delle acque piovane e reflue, al servizio della nuova colonia agricola.
Con il tempo, però, questo territorio ha mostrato una straordinaria capacità di rigenerazione naturale. Nonostante le modifiche antropiche, l'ecosistema ha mantenuto una notevole ricchezza biologica. Oggi ospita numerose specie di uccelli acquatici, tra cui aironi, cavalieri d'Italia, fenicotteri rosa e cormorani, ed è meta privilegiata per l'osservazione faunistica, la fotografia naturalistica e l'educazione ambientale.
Negli ultimi decenni, grazie anche all'impegno di associazioni ambientaliste, enti locali e istituzioni come il FAI, si è avviato un percorso di valorizzazione sostenibile, orientato alla conservazione della biodiversità, al ripristino degli habitat e alla fruizione rispettosa da parte del pubblico.
S'Ena Arrubia racconta così una storia di ferite e resilienza, di errore e cura, di natura che resiste e società che – finalmente – torna ad ascoltare.

Conclusione: natura, inclusione e senso di appartenenza
Ogni visita come quella di ieri è per me, e credo per molte e molti, più di un'escursione: è un'occasione per sentirmi parte di un sistema più grande, vivo e interconnesso. Camminare tra le acque e i silenzi di S'Ena Arrubia, ascoltare il vento tra i canneti e seguire il volo improvviso degli uccelli è un modo per ritrovare equilibrio, radicamento e gratitudine.
Ma è anche un momento di riflessione su ciò che serve per rendere questi luoghi veramente accessibili a tutte e tutti. L'inclusione sociale passa anche per l'ambiente: una passerella agibile, una segnaletica chiara, una guida che conosce la diversità dei corpi e dei bisogni possono fare la differenza. Perché la bellezza, se è per pochi, non è giustizia. E la sostenibilità, se non è anche umana e sociale, resta incompiuta.
Come persona con disabilità e socia del FAI, credo che il futuro della tutela ambientale sia indissolubilmente legato a una visione ecologica e inclusiva della cittadinanza: capace di unire cura dei luoghi e cura delle relazioni, protezione degli ecosistemi e promozione della partecipazione.
Per questo amo immergermi nella natura, anche con le sue difficoltà logistiche: perché mi ricorda che siamo parte di un tutto fragile e potente insieme. E che ogni volta che torniamo a guardare con rispetto ciò che ci circonda, torniamo anche a riconoscere una parte preziosa di noi stesse e noi stessi.

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