Nasibe Semsai, senza hijab per la libertà!

24.11.2020

Come si sa, da sempre le donne iraniane sono progressiste. Prima del regime degli Ayatollah che dal 1979 soffoca e reprime i diritti umani, le donne andavano in giro senza il hijab.

Dal 2019 hanno deciso di protestare per affermare le proprie libertà e i loro diritti. Con la campagna "White Wednesday", il mercoledì postano online foto e video dove sventolano hijab. Loro sostengono che l'obbligatorietà del velo violi i diritti all'uguaglianza, alla privacy e alla libertà di espressione e credo" e nuoce alla dignità e all'autostima delle ragazze e delle donne.

In Iran una donna che non indossa il velo in pubblico può essere arrestata, condannata al carcere, multata o frustata.

Philip Luther, Direttore della ricerca e della difesa per il Medio Oriente e il Nord Africa di Amnesty International ha dichiarato che: "Le autorità iraniane si sentono minacciate dalla crescente forza del movimento per i diritti delle donne che si oppone alla legislazione che impone loro di coprirsi la testa con il velo, e stanno usando tattiche rozze per screditare gli attivisti che protestano, scoraggiare gli altri dall'unirsi al movimento e instillare la paura nella società.", ha concluso: "È oltraggioso che queste donne, che non avrebbero dovuto nemmeno essere detenute, siano state torturate o sottoposte ad altri maltrattamenti per costringerle a partecipare a video di propaganda ufficiale in cui 'confessano' la loro 'colpevolezza' e negano la campagna contro l'obbligo per coprirsi la testa con una sciarpa. Le autorità devono rilasciare immediatamente e incondizionatamente queste donne, far cadere tutte le accuse contro di loro e astenersi dal trasmettere le loro "confessioni" nei media statali " .

Amnesty International è a conoscenza della detenzione di svariate donne per il loro attivismo contro il velo obbligatorio e la campagna del Mercoledì Bianco: Yasaman Aryanie sua madre, Monireh Arabshahi; Saba Kordafshari e sua madre, Raheleh Ahmadi; Mojgan Keshavarz; Fereshteh Didani; più altre di cui non si è a conoscenza. Queste hanno capi di imputazione come "incitamento e facilitazione alla corruzione e alla prostituzione", "diffusione di propaganda contro il sistema" e "associazione e cospirazione per commettere crimini contro la sicurezza nazionale".

Ragion per cui, chi può scappa! È il caso dell'architetta ed attivista 36enne Nasibe Semsai. Fuggita dopo una condanna a 12 anni di carcere e fermata all'aeroporto di Istanbul mentre cercava di imbarcarsi su un volo per la Spagna per raggiungere il fratello e chiedere asilo politico. Ora trattenuta in un centro per migranti irregolari a Edirne e rischia l'espulsione verso l'Iran.

Non è la prima volta che la Turchia viola le norme internazionali in materia di protezione soprattutto riguardo soggetti attivisti. Già 33 iraniani sono stati catturati al confine e rimpatriati, tra questi due uomini condannati a morte per aver preso parte a manifestazioni.

Meghdad, il fratello dell'attivista, sul Sunday Times ha fatto questo preciso e accorato appello: "Chiediamo ai Paesi europei di proteggere mia sorella. Se andrà in prigione non ne uscirà prima di avere 50 anni. Lei è così forte e pensa a quello che può fare per la libertà delle donne.".