L’aumento di consumo delle plastiche crea svantaggi sproporzionati ai più fragili

21.04.2021

Un nuovo paper del Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente e dell'ONG Azul, rileva che l'inquinamento da plastica mette a serio pericolo i diritti fondamentali, la salute e il benessere delle fasce più deboli delle società; questo pone a rischio il raggiungimento degli Obiettivi dell'Agenda 2030, tale situazione è aggravata dalla pandemia SarsCov_2.

La pandemia ha fatto aumentare il consumo di plastica, d'altro canto ci sono problemi per lo smaltimento anche di rifiuti speciali, e gravi interruzioni di processi di riciclaggio già scarsi. Inoltre, il prezzo del petrolio al minimo storico non incoraggia l'uso di materiali riciclabili.

La pandemia ha fatto fare passi indietro anche nella riduzione del consumo di plastica monouso; ovviamente COVID-19 richiede l'uso di molti prodotti monouso. Allora perché non fare ricerca su materiali biodegradabili o riciclabili per articoli monouso visto l'alta tecnologia attuale?

Uno studio ha stimato che se la popolazione mondiale indossasse lo stesso numero di maschere e guanti utilizzati in Italia nella primavera del 2020, nel mondo verrebbero consumati circa 129 miliardi di maschere e 65 miliardi di guanti.

A Singapore durante il lockdown di otto mesi sono state prodotte 1.470 tonnellate aggiuntive di rifiuti di plastica solo dagli imballaggi da asporto. A Wuhan i rifiuti sanitari sono aumentati sei volte tanto fino a 240 tonnellate al giorno, sovraccaricando la capacità di smaltimento della metropoli di 49 tonnellate al giorno. Un singolo ospedale in Giordania ha prodotto dieci volte più rifiuti medici al giorno, con solo 95 pazienti COVID-19, di quelli che normalmente produce. A Teheran, la capitale iraniana, i rifiuti sanitari degli ospedali sono aumentati tra il 17,6% e il 61,9% durante i primi mesi della pandemia (da 52 a 74 tonnellate al giorno a 80-110 tonnellate al giorno).

Praticamente l'aumento dei rifiuti speciali sta provocando il collasso delle catene globali di smaltimento.

Spesso i prodotti monouso di plastica si lodano per i benefici sulla salute e sicurezza, invece sono solo tecniche di marketing; studi dimostrano che SarsCov_2 permane sulle superfici di plastica fino a 72 ore, rispetto a un massimo di 24 ore su quelle di cartone.

Le plastiche sono formate principalmente da monomeri derivati ​​da idrocarburi fossili, quindi non assimilabili attraverso processi biologici; viceversa, nell'ambiente rilasciano tossine e microplastiche. Processi comuni di smaltimento come l'incenerimento producono notevoli emissioni di CO2, ponendo ulteriori sfide per l'inquinamento e il cambiamento climatico.

Inger Andersen, direttore esecutivo dell'UNEP, ha riferito che per avere giustizia ambientale bisogna istruire coloro che sono in prima linea sull'inquinamento da plastica sui suoi rischi, includendoli nelle decisioni sulla sua produzione, utilizzo e smaltimento, e garantire il loro accesso a un sistema giudiziario credibile.

I casi di ingiustizia ambientale con la plastica vanno dalla deforestazione e lo spostamento delle popolazioni indigene per far posto all'estrazione del petrolio, alla contaminazione dell'acqua potabile da parte dei fluidi idraulici e delle acque reflue.

Per concludere, per la giustizia ambientale bisogna andare verso un approccio basato sulla giustizia sociale, solidarietà, compassione e rispetto della dignità umana. Le risposte alla crisi ambientali devono essere globali e fondate su obblighi degli Stati e di altri garanti. Inoltre, si devono sensibilizzare e incoraggiare le comunità colpite ad agire garantendo l'accesso a un sistema giudiziario efficace che segua i principi della giustizia ambientale, come il consenso informato preventivo gratuito e il diritto di accesso alle informazioni.

Fonte:

https://news.un.org/es/story/2021/03/1490302 

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