Il voto è democrazia: tra storia, diritto e ferite dell’astensionismo

Il diritto di voto è l'architrave della democrazia. Non è una semplice facoltà individuale, ma un esercizio collettivo di responsabilità civica e politica. Eppure, mai come oggi, l'Italia è attraversata da un fenomeno preoccupante: l'astensionismo. Un partito silenzioso, trasversale, che non si presenta alle urne ma incide profondamente sulla qualità della nostra democrazia. Ricostruire il valore del voto significa allora compiere un'operazione di memoria storica e rigore costituzionale, ma anche accendere una luce sulle crepe del nostro sistema di rappresentanza.
L'art. 48 Cost. sancisce che "sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età". Il voto è personale, libero e segreto, e il suo esercizio è un dovere civico.
Richiami:
- Art. 1 Cost.: "La sovranità appartiene al popolo";
- Art. 49 Cost.: diritto di associarsi in partiti per concorrere con metodo democratico alla vita politica;
- Art. 51 e 56-58 Cost.: accesso alle cariche elettive e disciplina di elezione delle Camere.
Un cammino conquistato a fatica
- 1912: ampliamento del suffragio maschile
- 1919: suffragio universale maschile
- 1946: primo voto delle donne e Referendum Monarchia-Repubblica
- 1975-1976: abbassamento della maggiore età a 18 anni
- 2001: voto attivo al Senato dai 18 anni per i cittadini residenti all'estero
Ogni passaggio è stato frutto di lotte, di battaglie culturali e giuridiche. Oggi dare per scontato il voto, o rinunciarvi, è una forma di oblio verso questa eredità.
La partecipazione diretta ha segnato svolte cruciali:
- 1974: il popolo difende il diritto al divorzio
- 1981: respinti i quesiti per abrogare la legge sull'aborto
- 1993: stagione di grandi referendum per riformare la politica
- 2011: netta affermazione per l'acqua pubblica e contro il nucleare
- 2022: cinque quesiti sulla giustizia bocciati dal non-voto (quorum non raggiunto)
Il quorum del 50% + 1 trasforma il mancato voto in un'arma potente, spesso più di un "no".
L'astensionismo, in questi casi, svuota il senso stesso della democrazia partecipativa.
Leggi elettorali e rappresentanza: un equilibrio fragile
Dalle leggi proporzionali alle riforme maggioritarie, il nostro sistema ha subito molte trasformazioni:
Mattarellum (1993): sistema misto
Porcellum (2005): liste bloccate, dichiarato parzialmente incostituzionale
Italicum (2015): anch'esso parzialmente bocciato dalla Corte
Rosatellum bis (2017): ancora in vigore, con soglie di sbarramento e scarsa possibilità di scelta diretta degli eletti
Il legame tra elettori ed eletti si è progressivamente indebolito, generando sfiducia e disaffezione. Ma abbandonare le urne non è la cura: è un cedimento.
Le ferite dell'astensionismo
Oggi l'Italia è tra i Paesi europei con il tasso di affluenza più basso alle elezioni politiche e locali.
I dati parlano chiaro:
- Politiche 2022: affluenza al 63,9%
- Regionali 2024 in Sardegna: poco più del 52%
- Comunali in molti capoluoghi: sotto il 50%
L'astensionismo colpisce la legittimità dei governi, altera il principio di rappresentanza e allarga la distanza tra istituzioni e cittadini. È un sintomo di disagio profondo: senso di impotenza, sfiducia verso i partiti, percezione di inutilità del voto. Ma è anche un segnale di rinuncia, di silenzio là dove servirebbe voce.
Voto e inclusione: le sfide attuali.
- Persone con disabilità: ancora ostacoli fisici e culturali al voto assistito e domiciliare
- Italiani all'estero: criticità nella sicurezza del voto per corrispondenza
- Stranieri residenti: esclusi dal voto politico e da quello amministrativo, in contrasto con una visione realmente inclusiva della cittadinanza
- Disinformazione e disaffezione: carenza di educazione civica, linguaggio politico inaccessibile, campagne poco coinvolgenti
Votare senza ostacoli: disabilità e diritto di cittadinanza
L'esercizio del diritto di voto da parte delle persone con disabilità è ancora oggi ostacolato da barriere materiali, culturali e burocratiche, in contrasto con la normativa nazionale e internazionale vigente.
La garanzia internazionale: art. 29 della Convenzione ONU
L'art. 29 della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata dall'Italia con Legge n. 18/2009, afferma che:
“Gli Stati garantiscono alle persone con disabilità i diritti politici e la possibilità di goderne su base di uguaglianza con gli altri, e si impegnano a:
(a) garantire che le persone con disabilità possano partecipare effettivamente e pienamente alla vita politica e pubblica, direttamente o attraverso rappresentanti liberamente scelti, ivi compreso il diritto e la possibilità di votare e di essere elette… compreso l'uso di procedure, strutture e materiali appropriati, accessibili e facili da comprendere e utilizzare;”
Questa previsione vincola l'Italia ad attuare misure concrete per assicurare:
- accesso fisico ai seggi,
- possibilità di voto assistito o domiciliare semplificato,
- supporti informativi e strumenti comprensibili per ogni tipo di disabilità.
Ostacoli attuali in Italia
- Barriere architettoniche ancora presenti in molti edifici sede di seggio;
- Procedure complesse e disomogenee per ottenere il voto assistito o domiciliare;
- Disinformazione e pregiudizi persistenti tra operatori elettorali;
- Negazione, in alcune realtà, del diritto all'accompagnamento per le disabilità intellettive non visibili.
Proposte per un voto davvero inclusivo
- Mappatura nazionale dell'accessibilità dei seggi e pubblicazione online dei dati;
- Obbligo per i Comuni di allestire almeno un seggio completamente accessibile per quartiere (non solo per municipio);
- Estensione del diritto al voto domiciliare per tutti coloro che, per disabilità certificata, incontrano difficoltà gravi negli spostamenti, anche se non "intrasportabili";
- Moduli di richiesta semplificati, scaricabili online e validi per più consultazioni;
- Formazione obbligatoria per presidenti di seggio e scrutatori sulla normativa relativa al voto delle persone con disabilità;
- Campagne informative ad hoc, anche in linguaggio facile da leggere (easy to read) e in Lingua dei Segni Italiana (LIS).
Principio guida
Il diritto di voto non si misura sulla base dell'efficienza del corpo, ma sull'uguaglianza della dignità civica. Dove la democrazia non arriva, serve un progetto politico di inclusione.
Una riforma necessaria: garantire trasparenza e sicurezza nel voto estero.
Il voto degli italiani residenti all'estero, pur essendo una conquista di rappresentanza transnazionale (Legge n. 459/2001), richiede oggi una profonda revisione tecnica e normativa per assicurare trasparenza, correttezza e uguaglianza nell'esercizio del diritto di voto.
Criticità attuali
- Mancanza di verifica certa dell'identità del votante;
- Plichi elettorali che non arrivano, arrivano in ritardo o sono intercettati;
- Facilità di manipolazione e rischio di voto "delegato" o familiare;
- Assenza di controllo pubblico diretto sullo scrutinio, che avviene nei seggi all'estero.
Proposte di riforma
- Voto digitale sicuro, con autenticazione forte (SPID, CIE, OTP) e crittografia end-to-end, sviluppato in ambiente pubblico, trasparente e verificabile.
- Obbligo del voto in presenza presso i consolati, almeno per alcune consultazioni (referendum e politiche), per garantire il controllo pubblico sul voto espresso.
- Tracciabilità del plico e ricevuta di avvenuta consegna, mediante codice a barre individuale o QR code consultabile online.
- Piattaforma di monitoraggio pubblico (gestita da MAECI e AGID) per segnalare disservizi, ritardi o anomalie nei singoli Stati.
- Campagne informative sui rischi di manipolazione e l'importanza del voto personale, libero e segreto, anche all'estero.
Principio guida
Il diritto di voto non può essere "indebolito" dal luogo in cui si vive. La dignità del voto dell'italiano all'estero merita le stesse garanzie di sicurezza, riservatezza e tracciabilità che esigiamo sul territorio nazionale.
Esclusione totale dal voto politico
La normativa italiana prevede che solo i cittadini italiani (art. 48 Cost.) possano votare alle elezioni politiche nazionali (Camera, Senato). Ciò significa che anche stranieri regolarmente residenti da decenni e pienamente inseriti nella vita economica, sociale e culturale del Paese non hanno voce nelle scelte legislative e di governo.
Esclusione (quasi totale) anche dal voto amministrativo
A differenza di altri Paesi europei, l'Italia non consente agli stranieri extra-UE di votare nemmeno alle elezioni comunali, a meno che:
- non abbiano acquisito la cittadinanza italiana
- siano cittadini UE residenti e abbiano richiesto espressamente l'iscrizione in apposite liste aggiuntive.
Questo esclude una grande fetta della popolazione (soprattutto cittadini extraeuropei) da qualsiasi forma di rappresentanza locale, nonostante paghino le tasse, mandino i figli a scuola e vivano stabilmente sul territorio.
Incompatibilità con una visione inclusiva della cittadinanza
Questa esclusione è in contrasto con:
- Art. 9 della Convenzione di Strasburgo (1992), ratificata da diversi Paesi europei, che raccomanda il voto agli stranieri residenti da lungo periodo per le amministrative;
- Art. 21 della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea, che vieta discriminazioni basate sulla nazionalità;
- Una concezione moderna e inclusiva della cittadinanza, fondata non solo sulla nazionalità formale, ma sulla partecipazione effettiva alla comunità di vita.
Conseguenze democratiche
- Mancata rappresentanza di intere comunità nelle decisioni urbane, scolastiche, ambientali e sociali;
- Marginalizzazione politica e percezione di esclusione sistemica;
- Crescita del sentimento di sfiducia nelle istituzioni e mancanza di strumenti di cittadinanza attiva per chi è di fatto cittadino, ma non ancora formalmente riconosciuto.
Proposte per colmare la frattura
- Introdurre il diritto di voto alle amministrative per stranieri residenti da almeno 5 anni, come avviene in Spagna, Belgio, Paesi Bassi.
- Modificare l'art. 48 Cost. per aprire al principio di "cittadinanza locale", sul modello della Carta Europea dell'Autonomia Locale.
- Favorire l'accesso alla cittadinanza per chi ha un percorso stabile e documentato di integrazione sociale, culturale e lavorativa.
Principio guida
In una Repubblica fondata sul lavoro e sulla dignità della persona, non può esserci partecipazione democratica negata a chi vive, lavora, studia e contribuisce ogni giorno alla vita della comunità. Chi partecipa, ha diritto di decidere.
Disinformazione e disaffezione: quando la distanza si fa abisso
Una delle cause profonde dell'astensionismo e della crisi del voto in Italia risiede nella frattura comunicativa e culturale tra istituzioni e cittadinanza. Alla base vi sono disinformazione diffusa, carenza strutturale di educazione civica e una comunicazione politica spesso criptica, aggressiva o inaccessibile.
Carenza di educazione civica strutturale
- La reintroduzione dell'educazione civica a scuola (L. 92/2019) è stata un passo importante, ma spesso resta marginale nei programmi e priva di strumenti concreti.
- Si privilegia un approccio nozionistico, poco legato alla vita reale, mentre mancano percorsi che insegnino come funziona una legge, cosa fa un sindaco, perché si vota un consigliere.
Linguaggio politico inaccessibile
- I messaggi delle istituzioni e dei partiti sono spesso tecnici, confusi, poco empatici o eccessivamente ideologici.
- L'uso di slogan, acronimi e riferimenti interni alla politica genera esclusione, soprattutto tra giovani, persone con bassa scolarizzazione o con disabilità cognitive.
- Spesso mancano materiali elettorali in linguaggio facile da leggere e da comprendere, strumenti in LIS o sottotitoli adeguati per i video istituzionali.
Campagne elettorali poco coinvolgenti
- Le campagne si concentrano su leader e scontri, piuttosto che su contenuti, idee, programmi reali.
- Si tende a parlare "addosso" al cittadino, più che con lui: mancano luoghi e momenti di dialogo autentico.
- La distanza si traduce in apatia, sfiducia e rinuncia, soprattutto tra chi si sente già marginalizzato.
Conseguenze democratiche
- Senza strumenti per capire e partecipare, il voto diventa un atto vuoto o inutile, e l'astensione una forma di difesa o protesta.
- La democrazia rappresentativa si svuota, e il rischio è che le decisioni siano prese da minoranze sempre più ristrette e autoreferenziali.
Proposte per ricucire il patto civico
- Rafforzare l'educazione civica con contenuti esperienziali, visite alle istituzioni, simulazioni di voto, laboratori di partecipazione.
- Promuovere campagne pubbliche in linguaggio accessibile, con formati comprensibili, visivi, multisensoriali, adatti a tutte le fasce della popolazione.
- Favorire la formazione civica degli adulti, anche tramite sportelli comunali, centri di quartiere, spazi digitali pubblici.
- Aprire le istituzioni al confronto diretto con i cittadini, attraverso assemblee civiche, incontri nei territori, strumenti partecipativi (come bilanci partecipati o consultazioni pubbliche digitali).
Principio guida
La democrazia si alimenta di parole comprensibili e occasioni di ascolto. Dove non si comprende, non si partecipa. Dove non si partecipa, si disgrega la cittadinanza. Restituire al voto il suo senso significa prima di tutto renderlo comprensibile, vivo e vicino.
Educare al voto: un dovere democratico
Rieducare al senso del voto è oggi un'urgenza democratica. Significa:
- Rafforzare l'insegnamento dell'educazione civica
- Restituire dignità alla politica e al linguaggio pubblico
- Favorire forme nuove di partecipazione, anche digitale
- Rendere le istituzioni più accessibili e trasparenti
Il voto non è un automatismo, ma un esercizio consapevole. È responsabilità, scelta, progetto. È – in senso pieno – cittadinanza.
Chi non vota lascia decidere altri al proprio posto. Il partito dell'astensionismo è oggi il più numeroso, ma anche il più pericoloso. Perché svuota la democrazia dall'interno, senza colpo ferire.
Votare, invece, è partecipare alla costruzione di un futuro comune. È un gesto piccolo, silenzioso, ma capace di fare storia.