CPR e libertà personale: profili critici tra Costituzione e diritti umani

1. Una realtà poco visibile, ma costituzionalmente rilevante
Esistono luoghi in cui la libertà personale può essere sospesa anche senza che sia stato commesso un reato. Sono i Centri di permanenza per il rimpatrio (CPR), strutture amministrative destinate a trattenere cittadini stranieri in attesa di espulsione. Strutture spesso lontane dai riflettori, ma che sollevano interrogativi profondi sul rapporto tra diritti fondamentali, legalità costituzionale e garanzie minime della persona.
Il trattenimento nei CPR non è tecnicamente una "pena" o una "misura di sicurezza", ma produce effetti assimilabili alla detenzione. Proprio per questo, la loro disciplina dovrebbe essere valutata alla luce degli articoli 13 e 24 della Costituzione, che sanciscono il diritto alla libertà personale e alla tutela giurisdizionale effettiva.
2. CPR e libertà personale: un trattenimento oltre il confine della legalità
Nel diritto italiano, la libertà personale può essere limitata solo nei casi previsti dalla legge e con atto motivato dell'autorità giudiziaria. È quanto dispone l'articolo 13 della Costituzione.
Nei CPR, tuttavia, il trattenimento avviene su base amministrativa, con una convalida del giudice di pace che interviene a posteriori, spesso in tempi molto rapidi e con accesso limitato alla difesa. Non si tratta di individui condannati, né sottoposti a processo. Eppure vengono privati della libertà per periodi prolungati (fino a 18 mesi, secondo la normativa vigente), in assenza di reato.
Questa contraddizione evidenzia una tensione crescente tra le esigenze di controllo migratorio e il rispetto dei principi fondamentali dello Stato di diritto.
3. Il diritto d'asilo riconosciuto dalla Costituzione e dal diritto internazionale
L'articolo 10, comma 3, della Costituzione italiana stabilisce che:
"Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge."
Questo diritto non è un favore, ma un obbligo costituzionale, rafforzato anche dal diritto internazionale: la Convenzione di Ginevra del 1951, ratificata dall'Italia, tutela chi fugge da persecuzioni o violazioni dei diritti umani.
La presenza di CPR, dove vengono trattenuti anche richiedenti asilo o persone in attesa di identificazione, rischia di svuotare di significato il diritto d'asilo stesso, rendendolo inaccessibile o ineffettivo.
4. Perché i CPR non tutelano legalità né dignità
Oltre ai dubbi di legittimità costituzionale, i CPR sono spesso al centro di critiche per le condizioni materiali in cui versano le persone trattenute.
Molte inchieste e report di associazioni indipendenti hanno documentato:
- condizioni igienico-sanitarie precarie;
- accesso inadeguato alle cure mediche e al supporto psicologico;
- difficoltà nell'ottenere assistenza legale tempestiva;
- episodi di autolesionismo, proteste e violazioni della dignità personale.
Pur non essendo formalmente carceri, i CPR riproducono dinamiche detentive in assenza di un controllo giurisdizionale effettivo e continuativo.
5. Superare i CPR: l'accoglienza come alternativa giuridica e civile
Una democrazia costituzionale non può accettare zone grigie dove i diritti siano sospesi per ragioni amministrative. I CPR non rappresentano una soluzione equa né efficace: sono strumenti incompatibili con la tutela dei diritti fondamentali, e spesso si traducono in una detenzione priva di senso giuridico e sociale.
Esistono alternative fondate sul rispetto della legalità, come i modelli di accoglienza diffusa, le procedure di rimpatrio volontario assistito, e percorsi che favoriscano integrazione, tutela e dignità.
Il superamento dei CPR non è solo un obiettivo politico o umanitario. È una necessità costituzionale, per restituire coerenza al sistema dei diritti e riaffermare che la libertà personale non può essere sospesa in assenza di responsabilità penale.