#COVID19: la risposta globale tardiva ed inadeguata alla pandemia

26.01.2021

L'Independent Pandemic Preparedness and Response Group, un gruppo di esperti nominati dall'OMS, ha affermato di essere "dolorosamente consapevole" che il mondo non era preparato a rispondere rapidamente ad una pandemia della portata globale ed insidiosa come quella SarsCov_2. Con un elenco di raccomandazioni chiede un nuovo quadro sanitario globale, affinché le pandemie future saranno affrontate in modo deciso ed efficace. L'Independent Pandemic ha riferito che solo pochi paesi sono riusciti a fronteggiare efficacemente la pandemia con i loro piani pandemici.

Gli esperti hanno riferito che a Wuhan avrebbero sequenziato un nuovo virus (COVID-19) che provocava polmoniti sconosciute già a fine dicembre 2019. Se le autorità cinesi avessero condiviso la scoperta fin da subito, con progressi tecnici nel sequenziamento parallelo si sarebbero ottenuti risultati affidabili e ad alto rendimento inoltre a costi minori.

Il rapporto rileva che le autorità sanitarie locali e nazionali cinesi, come quelle di altri Stati, quando hanno riscontrato i primissimi casi, avrebbero potuto applicare misure di sanità pubblica più forti a gennaio 2020, ma non l'hanno fatto; le misure ferree sarebbero servite a contenere la diffusione del virus, visto che la trasmissione avviene da persona a persona però questo elemento da troppi governi è stato molto sottovalutato. Se i primi focolai epidemici avessero avuto risposte più robuste e rapide, la pandemia non sarebbe andata fuori controllo; questo lo evidenzia l'analisi della cronologia iniziale delle prime fasi dei focolai. Purtroppo il principio di precauzionalità non è stato rispettato, anche se in un primo momento non si sapeva che la trasmissione potesse avvenire pure da persona asintomatica; questo fatto ha aggravato la diffusione della pandemia.

Ancora, il report rileva che "è chiaro" che il volume delle infezioni nel primo periodo dell'epidemia in tutti i paesi è stato superiore a quanto riportato; da qui un'errata consapevolezza, le simulazioni effettuate mostrano che i collegamenti del traffico aereo hanno facilitato la diffusione globale del virus durante la fase iniziale dell'epidemia, proprio perché si sposta con noi.

Il Gruppo di lavoro afferma che non è chiaro il motivo per cui il Comitato di emergenza convocato dall'OMS ai sensi del Regolamento Sanitario Internazionale non si è riunito fino al 22 gennaio, né perché non è stato possibile concordare la dichiarazione di emergenza della sanità pubblica di rilevanza internazionale nella sua prima riunione. Il 30 gennaio è stata dichiarata l'emergenza, però non c'è stata una giusta risposta. Il Gruppo continua a studiare quali misure l'OMS e i diversi attori regionali, nazionali e locali avrebbero potuto adottare per rendere più robusta la risposta nei paesi, in particolare nel periodo da inizio febbraio a inizio marzo 2020; chiedendo anche se il termine "pandemia" sarebbe stato meglio usarlo prima del 11 marzo 2020.

L'OMS, dai suoi uffici regionali e da altre organizzazioni internazionali dal 1 gennaio al 14 novembre 2020, quasi 900 raccomandazioni. Tali raccomandazioni sono principalmente linee guida tecniche, come rapporti tecnici, scientifici e politici, considerazioni, guide provvisorie e valutazione del rischio, note descrittive e protocolli, liste di controllo e altri strumenti preparati per governi, autorità sanitarie pubbliche e operatori sanitari in prima linea.

Le misure di sanità pubblica che potrebbero frenare la pandemia devono essere applicate in modo completo. Gli interventi non farmaceutici, vale a dire la diagnosi precoce dei casi, la ricerca e l'isolamento dei contatti, il distanziamento fisico, l'imposizione di limitazioni ai viaggi e alle riunioni delle persone e l'uso di una maschera, sono efficaci, ricordano gli esperti, anche quando si effettuano le vaccinazioni; perché in troppi paesi, il mancato rispetto di queste misure continua a comportare un peggioramento inaccettabile nel numero di morti e contagi in corso. Le misure di protezione sociale incentrate sull'affrontare la vulnerabilità rendono queste misure di salute pubblica più efficaci e allo stesso tempo riducono i fattori di rischio.

La risposta alla pandemia deve correggere, e non accentuare, le disuguaglianze tra e all'interno delle nazioni sono peggiorate poiché, in vari paesi, le fasce più deboli della società sono state lasciate senza accesso all'assistenza sanitaria, non solo in termini di trattamento COVID19, ma anche perché la saturazione dei sistemi sanitari ha chiuso a tante persone le porte dell'assistenza e dei servizi di base. Poi, ci sono enormi differenze tra i paesi nel livello di accesso alla diagnostica, ai trattamenti e alle forniture essenziali.

In quest'ottica, non è accettabile il principio per il quale i paesi ad alto reddito possono vaccinare il 100% della loro popolazione, mentre i paesi più poveri devono farcela con una copertura di appena il 20%; i fondamenti della vaccinazione devono essere solidarietà e giustizia, non potere economico o da interessi nazionali ristretti, per ottimizzare i risultati di salute pubblica. La comunità internazionale deve sostenere i paese più poveri.

Il sistema di allarme pandemico globale non ha svolto appieno la sua funzione, in quanto ha componenti di base lente, ingombranti e irrisolvibili. L'OMS, ha saputo della maggior parte degli allarmi riferiti a focolai attraverso i giornali o i social network e lo sanno che sono state create piattaforme per raccogliere informazioni sulle epidemie da fonti non tradizionali o ad accesso aperto. A livello globale bisogna adeguare le procedure e i protocolli che accompagnano il Regolamento Sanitario Internazionale, in particolare quelli che portano alla dichiarazione di un'emergenza sanitaria pubblica di rilevanza internazionale, all'era digitale.

Quindi, un sistema di informazione distribuita, alimentato dal personale dei laboratori e dispensari locali e supportato da strumenti per la raccolta dati istantanea e dal processo decisionale. Però questa modernizzazione tecnica deve essere accompagnata da una svolta politica, per quanto riguarda la disponibilità dei Paesi ad assumersi la responsabilità dell'adozione di tutte le misure necessarie non appena viene emessa una segnalazione.

Detto ciò, i rischi esistenziali già conosciuti di una crisi pandemica, in un primo momento, non sono stati presi sul serio. Le passate crisi pandemiche hanno formulato molte raccomandazioni per rafforzare i processi di preparazione e risposta, troppe delle quali non sono mai state tradotte in azione. Il rischio esistenziale pandemico rappresenta una minaccia per l'umanità e il suo futuro nel e del pianeta; per questo è essenziale adottare tutte le misure per evitare la comparsa e di contenimento delle nuove pandemie.

Secondo il Gruppo di lavoro, l'attuale crisi dimostra quanto velocemente un nuovo virus possa rovinare decenni di duro lavoro e investimenti per il futuro; sarebbe inconcepibile che la comunità internazionale fallisse ancora una volta.

L'OMS non ha avuto il potere di svolgere il lavoro che ci si aspettava. È sorprendente, per il Gruppo che l'OMS sia soggetta a limitazioni così gravi nel suo potere di convalidare le segnalazioni di focolai infettivi alla luce del loro potenziale pandemico, e di essere in grado di impiegare mezzi di supporto e contenimento a livello locale. Gli incentivi alla cooperazione sono troppo deboli per garantire che gli Stati partecipino al sistema internazionale in modo efficace, disciplinato, trasparente, responsabile e tempestivo. Le conseguenze della pandemia dovrebbero servire ad aprire una di quelle opportunità che si presentano una sola volta per generazione.

La pandemia COVID-19 deve essere il catalizzatore per una trasformazione fondamentale e sistemica della preparazione per questo tipo di eventi, che vanno dalle comunità locali ai più alti livelli internazionali. Il processo per dotarsi di una maggiore capacità di risposta efficace dovrebbe essere visto come un investimento collettivo nella sicurezza e nel benessere di tutti gli esseri umanità.

Fonte:

https://news.un.org/es/story/2021/01/1486832

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