Approvata la riforma della magistratura: separazione delle carriere e nuove sfide costituzionali

19.09.2025

La Camera dei Deputati ha approvato in terza lettura il disegno di legge costituzionale che introduce la separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e requirenti. Non avendo raggiunto la maggioranza dei due terzi, il percorso sembra destinato al referendum confermativo, come previsto dall'art. 138 Cost.

La riforma incide direttamente sugli artt. 104 e seguenti della Costituzione, modificando l'assetto del Consiglio Superiore della Magistratura: al posto di un unico organo, ne nascono due, distinti per le funzioni giudicanti e requirenti. Inoltre viene istituita un'Alta Corte disciplinare, competente in via esclusiva per le azioni disciplinari contro i magistrati.

Si tratta di una trasformazione profonda: per la prima volta dalla Costituzione del 1948, l'unità delle carriere cede il passo a una distinzione rigida. I sostenitori parlano di garanzia di indipendenza reciproca tra chi giudica e chi esercita l'azione penale, rafforzando l'imparzialità. I critici, invece, temono che la separazione possa minare l'unitarietà culturale della giurisdizione e favorire una magistratura requirente più esposta alle pressioni politiche.

Il voto della Camera – 243 favorevoli, 109 contrari e 6 astenuti – fotografa un Parlamento spaccato e un'opinione pubblica che sarà chiamata a esprimersi. L'assenza della maggioranza qualificata apre infatti alla consultazione popolare, che renderà i cittadini protagonisti di una scelta destinata a incidere sull'equilibrio costituzionale tra poteri dello Stato.

Dal punto di vista normativo, restano aperti interrogativi pratici: come verranno reclutati e gestiti i magistrati nei due nuovi CSM? Quali risorse saranno allocate per garantire parità di trattamento? Quali criteri disciplineranno l'operato dell'Alta Corte disciplinare? Sono nodi che l'attuazione della riforma dovrà sciogliere, in un equilibrio sempre delicato tra autonomia, indipendenza e responsabilità della magistratura.

La giustizia italiana si trova così davanti a un bivio. La separazione delle carriere non è più un tema da convegno accademico, ma una realtà normativa in divenire che, tra aula parlamentare e referendum, costringerà la società civile a confrontarsi con una domanda antica: come coniugare indipendenza dei giudici e certezza delle garanzie democratiche?